Una mostra che continua a riscuotere grandi consensi da parte del pubblico per la sua forte e chiara valenza storica e che annovera strumenti unici al mondo. Una mostra che non ha bisogno di enfatizzare, attraverso rappresentazioni di sangue o scene di orrore, il suo messaggio: gli strumenti parlano da soli.
Una mostra unica per la sua chiave di lettura e con un contenuto di forte impatto sui visitatori. Una mostra in cui l’orrore suscitato negli spettatori alla visione degli strumenti ci permette di renderli nostri alleati nella lotta contro la tortura. Una mostra che vuole essere una forte testimonianza e che non rimane circoscritta nella storia ma che diventa di grande attualità.
Una mostra che mette a nudo il lato peggiore della natura umana: in ogni uomo si nasconde e latita un potenziale carnefice. Una mostra a conferma del fatto che, se presentata con grande rigore e correttezza, aiuta a fomentare una coscienza solidale e a rispettare l’opinione e il credo di chi la pensa diversamente da noi, base primordiale dei sistemi democratici dell’epoca moderna.
Questa Esposizione racchiude in immagini e parole una collezione unica al mondo: 100 strumenti disegnati per torturare ed uccidere.
La raccolta comprende pezzi d’eccezionale rarità, risalenti al XVI, XVII e XVIII secolo, e ricostruzioni filologiche, dell’Otto e Novecento, di originali antichi e introvabili.
Strumenti alcuni molto conosciuti quali la Vergine di Norimberga, la Ghigliottina, il Banco di Stiramento, la Sedia Inquisitoria e la Cintura di Castità.
Ma la singolarità di questa esposizione sta nel presentare per la prima volta al pubblico strumenti sicuramente meno famosi, ma incredibilmente sofisticati. Strumenti questi che, dalla Forcella dell’Eretico al Piffero del Baccanaro, dalla Gatta da Scorticamento ai Ragni Spagnoli, dimostrano quanto la fantasia umana ed il suo raffinato ingegno non abbia conosciuto limiti nella ricerca di sistemi atti ad infliggere le più atroci e crudeli torture.
Pochi fenomeni come quello trattato in questa Mostra, hanno mantenuto la propria essenza inalterata nel tempo. Dal cavalletto o dallo schiacciatesta alle scariche elettriche o alla somministrazione di psicofarmaci che alterano il dominio del corpo, c’è stata una lunga serie di novità, è difficile parlare di evoluzione o progresso.
Attraverso un agghiacciante viaggio tra gli strumenti di esecuzione capitale, tortura e pubblico ludibrio questa insolita esposizione racconta una storia di orrori che la nostra coscienza ha rimosso e che invece per molti secoli furono parte integrante dell’umana convivenza. Tutti supplizi famigerati che a vederli oggi fanno rabbrividire ma che dimostrano come l’uomo abbia impiegato nel campo delle tecniche e delle pratiche atte ad infliggere dolore un’ inventiva che in nulla é minore a quella che ha saputo porre nel pensiero e nelle arti.
La finalità della mostra è proprio l’esercizio della memoria, allo scopo di documentare le aberrazioni dell’intolleranza e del fanatismo di cui l’uomo è capace quando, nel suo lucido delirio, vuole provocare intenzionalmente sofferenza e morte ad altri esseri umani.
La tortura, ampiamente presente sin dall’antichità e presso tutte le culture, è un metodo di coercizione fisica o psicologica, inflitta con il fine di punire o di estorcere delle informazioni o delle confessioni.
Condannata, ripudiata e confutata nelle sue pretese giustificazioni teoriche, riappare sotto forme e motivazioni diverse costringendo tutti ad interrogarsi sulle dinamiche che la generano. Condannata da tutti ma ancora praticata, perché?
È errato infatti immaginarsi la tortura come un fatto storico, come un’usanza di tempi passati e/o di determinati luoghi, come una procedura da allora superata con l’evoluzione sociale, politica e morale. In realtà la tortura non conosce epoca, non esige né ambienti né mezzi particolari, e non deriva dalla volontà del potere, tanto secolare come religioso. Far soffrire un’altra persona pare sia una necessità irreprimibile dell’essere umano. La malvagità umana, il piacere per il dolore altrui, il desiderio d’imporre i nostri criteri ai più senza rispettare la libertà degli altri non è il patrimonio di un’epoca ma forma parte della storia dell’umanità.